Ricordi di un marine gli orrori della guerra
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Olio su tela 70 x 100 - (1971)
Opzione zero
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Olio su tela 120 x 100 - (1983)
Il tema affrontato riguarda gli incontri bilaterali di Ginevra tra USA e URSS, rappresentati da Reagan e Gorbaciov, per l’azzeramento di tutti gli arsenali atomici.
La composizione attraverso una serie di simbolismi esprime lo scetticismo su tale iniziativa da considerarsi pura propaganda, sogno irrealizzabile da propinare solo ai poveri illusi.
Ai lati sono rappresentati i due poteri imperialisti degli USA e URSS, al centro la mela come primo peccato dell’umanità e come rievocazione mitologica del “pomo della discordia”, in questo caso per la contesa del potere; le loro mani si trasformano nei tentacoli di una piovra intorno al mondo e le catene, tirate simbolicamente da missili a testata nucleare, schiacciano il mondo in una morsa d’acciaio da cui non si può sfuggire.
Ognuno dei due poteri porta con sé al tavolo della trattativa il proprio potenziale militare, le trattative si fanno su basi di forza, altrimenti il forte prevarica direttamente il debole; da un lato i missili ICBM sovietici, dall’altro l’SDI lo scudo stellare USA.
Le due figure in basso si fondono perché accomunate dallo stesso obiettivo di dominare sul mondo, si assottigliano assumendo la conformazione di due sirene (altro riferimento mitologico) per esprimere l’inganno che stanno perpetrando verso l’umanità ignara, essi discutono, parlano, trattano, tutto fanno fuorchè cercare la pace vera; l’obiettivo velato, quello vero è di dividersi le varie aree di influenza e di dominio sullo scacchiere internazionale.
Infine al centro in basso fanno da contraltare il pessimismo e la speranza, da un lato gli esseri umani trasformati in tanti “zombies”, dall’altro in positivo l’arcobaleno come preannuncio in senso metaforico di un tempo migliore che può venire, connesso alla speranza della pace attraverso il simbolo che domina lo sfondo; in definitiva riponendo la fiducia nell’uomo, nelle sue scelte, facendo prevalere la saggezza, diventa un messaggio di speranza, anche perchè privare l’uomo della speranza significa privarlo della sua stessa vita.
Fuga nello spazio
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Olio su tela 200 x 120 - (1996)
Trattasi della grande sfida che gli attuali Governi stanno fronteggiando: le emissioni in atmosfera di gas inquinanti (CFC e CO2), con il conseguente buco nell’ozono e l’effetto serra che avvolge il Pianeta Terra.
I risultati ottenuti sinora appaiono di ben poco conto: il problema va perciò affrontato seriamente, superando gli egoismi nazionalistici, comprendendo che la questione investe chiunque su questo pianeta, e che se non si agisce con tempestività, inevitabilmente si arriverà presto ad una catastrofe, addirittura, ad un’apocalisse.
Questo è il monito lanciato, riprendendo un tema già trattato in altri lavori risalenti al 1970, con largo anticipo rispetto al protocollo di Kyoto.
Anche gli ultimi incontri di Copenaghen sono stati molto deludenti e inconcludenti, il che non deve indurre ad una sterile rassegnazione, ma, piuttosto, ad insistere nella battaglia, prima che sia troppo tardi.
Di qui, l’attualità estrema del discorso che esprime un certo scetticismo e pessimismo: se non ci dovesse essere una drastica inversione di rotta, gli esseri umani potrebbero essere costretti a vivere nello spazio, come prefigura l’opera rappresentata: un’astronave immaginaria con il suo “carico” umano, una famiglia che guarda malinconicamente, da lontano, il Pianeta Terra abbandonato, perché su di esso non è più possibile la vita.
Probabilmente, in futuro, con il progresso scientifico, si riuscirà anche a colonizzare lo spazio ed altri pianeti per poter “sopravvivere”, ma in quali condizioni ed a quale prezzo per l’umanità ?
Il messaggio che viene lanciato è: “Uniamoci, combattiamo, ribelliamoci, non accettiamo impassibili, la fine del pianeta, come fatto ineluttabile, fermiamo questo crimine perpetrato dai “poteri forti” delle multinazionali e dei governi irresponsabili loro complici, prima che sia troppo tardi, prima che il danno sia irreparabile, per il futuro delle prossime generazioni, dei nostri figli!”